La vacanza...da gustare.
La gastronomia tradizionale del territorio.
Dal "maccu ri favi" che mangiarono gli antichi greci, alla "capunatina" di origine araba, al "tummali" di origine spagnola le specialità alimentari tipiche della zona sud-orientale denotano le origini della popolazione che ha formazione composita e rivelano pure la fondamentale base da cui proviene. Ricorderemo brevemente alcune tipiche specialità molte delle quali i giovani di oggi non conoscono, spesso piatti che si ritrovano in altre parti dell'Isola, ma che in ogni zona hanno un "quid" che li caratterizza, come per esempio l'aglio, la cipolla, l'aceto, il limone, l'origano, la noce moscata, l'acquavite, e che ne fa un prodotto culinario tipico del paese stesso.
Ancora nei ricordi d'infanzia di molte persone vi sono alcune donne, le cosiddette "monache di casa", che preparavano i pranzi nuziali, i pranzi di lutto, "cunsuli", o i dolci per i periodi festivi, i cosiddetti dolci di Riposto che erano di squisita ed inimitabile fattura.
Alcune loro ricette continuano ad essere preparate per cui gli antichi sapori si ritrovano ancora intatti in pietanze di cui diamo gli ingredienti base. Minestre pietanze di carne contorni, focacce, e dolciumi integrano così la cucina moderna del luogo.
Tra le minestre ricordiamo: "u 'ncucciatieddu" costituito da frustoletti di pasta di grano duro cucinati in un amalgama di ricotta, acqua e pezzetti di zucca gialla previamente bollita; "a pasta ca muddica", pasta condita con mollica di pane brustolita, olio, aglio, pormaggio pecorino; "i ravioli", pasta di grano a formelle quadrate con ripieno di ricotta, uova e maggiorana, conditi con sugo di carne di maiale o vitello ed infine, "i maccarruna e i cavatieddi", pasta a pezzettini vuota all'interno perché lavorata con un filo secco di grano ("usu"), o con un ago da calza "cavati" con le dita, conditi poi con sugo di carne di maiale, cosparsi di ricotta salata ed infornati.
Tra le minestre di legumi ricordiamo: "i favi a 'nzincaredda", fave sbucciate e cotte in acqua di cisterna condite con olio e sale e che si accompagnavano con cipolla cruda; "u maccu lurdu", sempre fave cotte insieme a ceci, fagioli, lenticchie e lardo di maiale. Quest'ultimo era il piatto popolare tipico del giovedì grasso e, infine, "i lolli no maccu", rollini di pasta amalgamati con il "maccu" a base di fave sbucciate ridotte a crema.
Tra le pietanze di carne oltre "o farsumauru" e "o iaddu a gna minicoria", particolarmente saporito è "a gnieddu e u ciaurieddu 'nfurnatu". Questo continua ad essere uno dei piatti più comuni della zona sud dato che tutto il territorio, seppur non più prevalentemente adibiti alla pastorizia come nel passato, consentono ancora allevamenti ovini e caprini. Da ricordare poi "u pisciruovu a rosalinara", sorta di omelette formata da uovo, copolletta soffritta, prezzemolo, pepe ed asparagi selvatici, già cotti ed amalgamati con ricotta.
La tradizione della preparazione delle focacce non ha subito interruzione alcuna ed occupa ancora un posto di rilievo nella cucina locale: così abbiamo "a 'mpanata", pasta a dischi sovrapposti ripiena di broccoli, di baccalà o di anguille nel periodo natalizio, di carne di agnello nel periodo pasquale ed infornata; poi ancora "a nfigghiulata", disco di pasta stirata con mattarello ("lasagnaturi"), farcita con ricotta amalgamata ad uova, sale, e pezzetti di salsiccia, ripiegata in tre parti ed infornata dopo averne accostato i bordi; infine "a cucca", striscia di pasta stirata con mattarello, farcita con pezzetti di formaggio e salsiccia ed infornata, dopo averla arrotolata.
Tra i dolci ricordiamo "i gravazzati", striscia di pasta stirata con mattarello e farcita con un amalgama di ricotta, pezzetti di cioccolato e zucchero a velo; "i pasti fuorti", amalgama di farina, zucchero e albume; "i ramuzzi", dolce preparato con impasto di farina e miele di "satra"; "i mustazzola", amalgama di farina e vino cotto; "i ricci ri miennila", dolci di mandorla, i cui semi sbucciati e triturati finemente si amalgamano ad albume e zucchero, offrono un motivo in più per i buongustai a venire nel sud della Sicilia ove li potranno assaporare nelle diverse pasticcerie che li producono.
Tornando agli influssi storici, e' agli Arabi che si deve l'introduzione degli agrumi, dello zucchero, della cannella e dello zafferano, oltre a quella del riso che qui ha avuto modi di cottura ed utilizzi diversi da quelli del nord, ma diffusione altrettanto capillare, basti pensare alle arancine (con ripieno di ragout di carne e piselli o di prosciutto e formaggio), una sorta di emblema della cucina isolana, spesso il primo incontro gastronomico in occasione di un viaggio in Sicilia.
Il pesce, come ovvio, e' proposto con ricchezza di preparazioni e di varieta'; tra di esse anche per il posto che da sempre occupa nella tradizione popolare merita rilievo il tonno, ma ovunque vengono proposte sarde e alici, mentre lo spada e' piu' tradizione del messinese.
Particolari le preparazioni alla ghiotta (cipolle, olive, capperi e pomodoro) e nel trapanese il cuscusu, versione isolana del cuscus di origine magrebino realizzato appunto con pesce.
Attenzione particolare merita la pasticceria che in Sicilia fa parte delle abitudini quotidiane, il suo profumo e' nell'aria come quello delle piante odorose (rosmarino, finocchietto selvatico, origano, nepitella) che si incontrano lungo il viaggio.
I dolci ideati nei conventi - basti pensare alla variopinta frutta martorana, che prende il nome dall'omonimo monastero palermitano - hanno piacevolmente invaso l'isola. Cannoli, cassate, pignoccata, biancomangiare o il tradizionale gelo di "melone" (gelatina di anguria) sono i piu' diffusi, ma ogni provincia e' ricca di novita' e sorprese.
Non si possono poi ricordare i gelati e le granite, prodotti squisiti dell'abilita' artigiana, ma priuma ancora abitudini, riti che parlano di altre dimensioni del tempo.
E' considerato un obbligo, nelle giornate estive, offrire all'ospite una granita di caffe', di limone o di mandorle, ma la letteratura parla di raffinatezze quali la granita di gelsomino consumata dai fratelli Piccolo nel loro rifugio di Cala Novella.
I vini dell'isola erano considerati un tempo solo da taglio, ma oggi, anche se non tutti hanno raggiunto la rinomanza del liquoroso marsala, vini da tavola e a denominazione d'origine. Tra i vini da dessert oltre al citato marsala vanno ricordati il Moscato di Noto, ma di notevole pregiatezza è pure il famoso Nero d'Avola il principe dei vini rossi siciliani e quelli dell'area della Doc Eloro (che comprende in tutto o in parte il territorio dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini in provincia di Siracusa e Ispica in provincia di Ragusa).